L’architetto e designer milanese aveva 87 anni. Ha rivoluzionato la creatività con ironia e con un originale uso del colore. Tra le sue opere più famose, la poltrona Proust.
È morto a Milano a 87 anni Alessandro Mendini, uno dei più importanti architetti e designer del nostro tempo. Nell’ultima intervista concessa al «Corriere della Sera» si era definito un «Geppetto», che con le mani crea la vita. E di cose Mendini ne ha inventate tante: dalla famosa poltrona Proust («È una falsa poltrona del Settecento decorata con un falso quadro di Signac. Due falsi che, insieme, fanno un pezzo originale») ai piccoli utensili per la casa disegnati per Alessi: sì, Mendini è stato l’unico uomo al mondo capace di far diventare famoso un cavatappi e gli aveva pure dato un nome, Anna G.
I movimenti e la ricerca
Co-fondatore e teorico del movimento Alchimia negli anni Settanta, protagonista di molte altre correnti (da Global Tools a Memphis), Mendini ha saputo innervare il design di un’ironia sottile, coloratissima, nata dalla passione per la pittura, specialmente per Kandinsky e Balla e anche dai fumetti («Da bambino volevo inventare cose come le sue»). Mendini ha ricevuto molti premi nel corso della sua carriera, tra cui due volte il Compasso d’oro nel 1979 e nel 1981. Ha diretto anche diverse riviste d’architettura di grande importanza tra le quali «Domus» e «Casabella».
Le idee
Eppure, più di ogni altra cosa, di lui resterà una sorta di gioiosa anarchia delle idee: dalle sue riflessioni sul kitsch («Ha delle regole rigorose: rimpicciolimento della figura, traslazione della funzione, stridore dei colori. Ma soprattutto, quanto è rilassante ascoltare canzonette leggere, ci fa stare meglio») alle folgoranti autodefinizioni: «Che cosa sarei diventato se non avessi fatto il designer? Sarei stato un perfetto pentito: ancora oggi io sono fatto di aria, colore e ripensamenti»